Perché abbiamo paura dell’ignoto: l’intolleranza all’incertezza
Il periodo in cui viviamo, si è posto da vero banco di prova per quanto riguarda “il non sapere”.
Partendo dal Covid-19, si sono susseguiti una serie di cambiamenti sociali che hanno completamente rivoluzionato le vite di ognuno di noi.
Abbiamo assistito, e continuiamo ad assistere, a fenomeni rivoluzionari: lotte femministe, guerre, nuove tendenze sessuali, forme di crimini e violenze che aumentano di continuo perché, parallelamente al progresso sociale, cresce anche quello patologico.
Insomma, siamo stati risucchiati da un turbinio improvviso di dinamiche a cui, non eravamo abituati, sia per il numero di eventi che ne sono scaturiti sia per la potenza di cui si sono avvalse. Probabilmente non ci avremmo creduto nemmeno noi se ci avessero predetto quello che ci sarebbe capitato! Meriteremmo, a questo punto, un notevole riconoscimento perché, in un modo o in un altro, ne siamo usciti! Ma la domanda è: come?
Cosa si intende per l’intolleranza all’incertezza?
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Certamente, la condizione di incertezza e di paura per la stessa sono innate all’essere umano. Di conseguenza non occorre preoccuparsi quando, dinanzi ad una novità, si tende ad allarmarsi o a mostrarsi sospetti.
Del resto, il cervello è, automaticamente, portato a ricercare nel passato dei punti di riferimento per quelle che saranno le sue scelte. Quando non li trova, ecco che ansia e stress si fanno avanti, in qualità di meccanismi difensivi.
Questa condizione è assolutamente normale poiché, inconsciamente, si fa fatica ad accettare il cambiamento, in quanto scavalca l’abitudine, destabilizzando. Ma allora qual è il lato patologico dell’incertezza?
Esattamente quello in cui si tende a mettere su uno stesso piano l’incertezza stessa e il pessimismo, attraverso reazioni emozionali, cognitive e comportamentali negative. Il concetto vero e proprio di “intolleranza all’incertezza” è stato sviluppato da alcuni ricercatori canadesi, negli anni “90 del secolo scorso, in riferimento ai soli disturbi d’ansia generalizzata, comprendente eccessiva preoccupazione.
Attualmente, il concetto è coinvolto anche nello sviluppo del disturbo ossessivo-compulsivo, in quello dell’ansia sociale, della nutrizione e della depressione e in alcuni comportamenti disfunzionali, tipici di un’elevata disregolazione emozionale, come il disturbo borderline, di personalità e quello di dipendenza da sostanze.
A questo punto, l’intolleranza all’incertezza è stata, ulteriormente, definita come “l’incapacità di sopportare reazioni avversive scatenate dalla mancanza di informazioni salienti, essenziali o sufficienti, sostenuta dall’associata percezione di incertezza”.
Quali sono i sintomi?
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Si è visto che l’intolleranza all’incertezza è una forma di paura e, in quanto tale, è caratterizzata da svariati aspetti fobici. Gli individui che sviluppano la paura dell’ignoto:
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- credono al verificarsi, inevitabilmente, di eventi minacciosi;
- interpretano le ambiguità come minacce;
- ritengono di non avere strategie di problem solving;
- credono che tutti gli eventi di natura incerta vadano evitati;
- interpellano continuamente gli altri per ricevere rassicurazioni attraverso opinioni e consigli;
- creano liste di cose da fare che aggiornano di continuo;
- controllano, costantemente, che ogni cosa sia “perfetta”;
- non delegano in quanto certi solo del loro operato e non di quello altrui;
- si tengono perennemente occupati.
Sfortunatamente, per quanto l’evitamento di alcune situazioni stressogene sia un modo di controllare l’ansia, e quindi, un atteggiamento importante da attuare per chi soffre di tale fobia, lo stesso evitamento non contribuisce, però, ad affrontare la situazione ma la aggrava ulteriormente, rendendo il paziente protagonista di un circolo vizioso.
Il ruolo del cervello
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Attraverso studi di neuroimaging si è potuto constatare il ruolo centrale dell’amigdala nelle situazioni di incertezza.
Esposizione continua a situazioni ansiose, genera delle modificazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali del sistema nervoso centrale, in particolare della noradrenalina (NA), serotonina (5-HT), e dopamina (DA).
Le vie del circuito ansia-paura, inoltre, innescano una risposta che coinvolge tanto il sistema nervoso simpatico quanto quello parasimpatico. Per quanto riguarda l’attivazione del sistema nervoso simpatico, segue un aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, della sudorazione e dilatazione delle pupille. Relativamente alla stimolazione del sistema nervoso parasimpatico, invece, si attivano sintomi viscerali associati all’ansia come disturbi gastrointestinali e genito-urinari.
La cura
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È chiaro come, la soluzione alla paura dell’incertezza sia quella di iniziare a percepire l’incertezza stessa, innanzitutto, come condizione intrinseca, e di conseguenza normale, all’essere umano. Inoltre, superare la paura dell’ignoto richiede che il paziente inizi a “far pace” con le sue paure (prima fra tutte, con la paura di ciò che non si sa), arrivando alla consapevolezza che la certezza non è in suo potere e che nessuna condizione della vita umana gode di controllo assoluto.
Proprio per questo, l’incertezza non è sinonimo di negatività ma spesso va a braccetto con il cambiamento. Si rivela fondamentale nella cura di tali pazienti, quindi, insegnare loro a focalizzarsi sul presente, non per distrarsi dal futuro ma perché il presente è l’unica dimensione temporale in loro possesso. L’intolleranza all’incertezza, infatti non va interpretata come paura dell’incomprensibile, dell’ambiguo, quanto, come timore eccessivo per ciò che il futuro riserva.
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