Dismorfofobia: una distorsione della realtà corporea
Chi si imbatte, per la prima volta, dinanzi ad una parola del genere, farà non poca fatica a leggerla. Sembra quasi uno scioglilingua. Eppure, la dismorfofobia è un disturbo che, di complesso, non ha solo l’iniziale impatto visivo di chi legge ma anche l’accezione che ne deriva.
La dismorfofobia, prima ancora di trattarla in qualità di disturbo psicologico, di fobia/ossessione del soggetto interessato, potremmo definirla come un riflesso distorto della realtà odierna che, per quanto si tenti di farla apparire lineare il più possibile non è altro che una deformazione di un mondo all’altezza della perfezione apparente.
Che cose’è la dismorfofobia
La dismorfofobia, oggi nota come disturbo da dismorfismo corporeo è classificata come un disturbo ossessivo-compulsivo, di carattere fobico, inerente all’eccessiva preoccupazione per il proprio aspetto fisico. Più particolarmente, il soggetto affetto tende a vedere alcune parti del proprio corpo colme di difetti, laddove i difetti sono minimi o nulli. Si tratta, quindi, di difetti percepiti più che esperiti.
Alcuni soggetti, in casi estremi, ricorrono alla chirurgia per correggere inestetismi di carattere assolutamente normale, percepiti, invece, completamente anormali. Questo perché la fobia per l’aspetto fisico conduce ad una percezione completamente distorta di sé stessi, al punto da vedersi brutti, deformi.
Il disturbo da dismorfismo corporeo contribuisce all’alto tasso di ideazioni suicidarie e di tentativi di suicidio in chi ne è affetto.
Come si presenta il disturbo da dismorfismo corporeo
Si è detto che il punto attorno a cui si sviluppa il disturbo è l’ossessione, di carattere fobico, inerente ai propri difetti fisici. Le parti maggiormente coinvolte sono:
- capelli
- naso
- pelle
- occhi
- labbra
- denti
- gambe
Tipico di ogni forma d’ansia è l’attuazione di atteggiamenti, (compulsivi, in questo caso) da parte del paziente, che si ritiene attutiscano, temporaneamente, il malessere esperito. Di seguito, sono riportati alcuni dei comportamenti che accompagnano il disturbo da dismorfismo corporeo:
- guardarsi continuamente allo specchio, o su qualsiasi altra superficie che consenta di specchiarsi;
- in altri casi, evitamento di ogni superficie in cui sia possibile vedere la propria immagine riflessa ed eventuale rimozione degli specchi dalla propria abitazione;
- skin picking (stuzzicamento della pelle). Di solito, i soggetti affetti tendono a stuzzicare la propria pelle per rimuovere, ad esempio, impurità dal viso, come brufoli o punti neri, fino ad arrivare a provocarsi ferite sulla propria pelle;
- camuffare i presunti difetti fisici con cosmetici, vestiti e accessori;
- evitare situazioni sociali, preferendo l’isolamento;
- cercare continue rassicurazioni rispetto ai propri difetti fisici;
- dieta e/o esercizio fisico, eccessivi;
- autolesionismo;
- paragoni estetici.
Di solito, la consapevolezza di questo disturbo da parte dei soggetti che ne soffrono è scarsa ma anche quando risulta presente, lo è in modo parziale poiché i pazienti fanno molta fatica a riconoscere il problema in questione.
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Cosa scatena il disturbo da dismorfismo corporeo?
La causa scatenante è da ricercarsi nell’adolescenza del paziente, non escludendo, però, la presenza di una componente genetica. Di solito, chi soffre di dismorfofobia è stato/a vittima di abusi sessuali, derisioni da parte dei coetanei, bullismo, neglect emotivo (trascuratezza) da parte dei genitori.
Ad ogni modo, il fattore primario scatenante sarebbe proprio la mancata sensibilità verso l’aspetto fisico del paziente, da parte dei suoi coetanei.
A livello cerebrale?
Studi neuroscientifici hanno analizzato, attraverso l’uso di tecniche di neuroimaging come la fMRI (risonanza magnetica funzionale), pazienti con disturbo da dismorfismo corporeo, evidenziando alterazioni nell’area fusiforme o FFA, un’area che si occupa proprio del processamento dei volti.
Trattamenti efficaci
Il disturbo da dismorfismo corporeo sembrerebbe migliorare grazie all’unione della terapia cognitivo-comportamentale e di quella farmacologica.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sono gli antidepressivi più efficaci per la cura di questo disturbo, poiché conducono ad un miglioramento della qualità di vita del paziente, agendo sulle ossessioni, e quindi sulle compulsioni, oltre che sull’ideazione suicidaria. Per quanto riguarda, invece, la terapia cognitivo-comportamentale, essa si basa su una rieducazione del paziente in merito alla propria forma fisica, analizzando quei pensieri disfunzionali che condannano il paziente stesso ad una vita superficiale, a discapito del suo benessere psicologico.
di: Arianna De Marco