DPTS nei pazienti COVID-19: il trauma della terapia intensiva
Il Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) è una condizione psicopatologica che si manifesta con sintomi ansioso-depressivi in seguito all’esperienza di eventi traumatici (es: incidenti, aggressioni, lutti, malattie).
Nella maggior parte dei casi, infatti, chi vive una situazione traumatica reagisce mettendo in atto delle strategie di “coping”, ovvero dei meccanismi psicologici e comportamentali che possano aiutarlo ad affrontare e ridurre lo stress dovuto al trauma.
Queste strategie, tuttavia, non sempre sono positive e costruttive per la salute e il benessere della persone: si parla, infatti, di strategie adattive e disadattive. Nel primo caso, l’individuo è in grado di far fronte all’evento traumatico e, gradualmente, riorganizzare la propria vita in modo efficace; nel secondo caso, invece, l’individuo tende a ricorrere a meccanismi di evitamento, fuga o dissociazione che rischiano di ridurre temporaneamente i sintomi ma acuire il disturbo che vi è alla base. È importante notare, quindi, che il Disturbo Post Traumatico da Stress non si manifesta necessariamente in tutte le persone che subiscono un trauma.
Tra i principali sintomi psicologici di questo disturbo figurano:
- Re-experiencing: ricordi spiacevoli e intrusivi sotto forma d’immagini, pensieri o percezioni, incubi, l’agire o il sentire come se l’evento si stesse ripresentando;
- Disagio psicologico;
- Intensa reattività fisiologica di fronte a fattori scatenanti che rievocano l’evento.
A livello comportamentale, il DPTS si manifesta solitamente con:
- Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma, (pensieri, conversazioni, luoghi o persone che riguardano l’evento o possono ricordare il trauma);
- Sintomi di aumentato arousal: disturbi del sonno, irritabilità o scatti d’ira, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza ed esagerate risposte d’allarme);
- Marcata diminuzione dell’interesse o della partecipazione ad attività prima considerate piacevoli;
- Marcata riduzione della capacità di provare emozioni e di guardare con fiducia al futuro;
- Sensazione di estraneità e isolamento nei confronti delle altre apersone.
Nei casi più gravi, il DPTS può provocare anche una vera e propria amnesia, totale o parziale, rispetto agli avvenimenti della situazione traumatica.
Covid-19 e DPTS
La pandemia da Covid-19 ha rappresentato, certamente, un evento a forte valenza traumatica per i milioni di persone che hanno contratto il virus (soprattutto nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria), e ancor più per coloro che, manifestando sintomi particolarmente gravi, hanno avuto bisogno di essere ricoverati in terapia intensiva.
Secondo una ricerca pubblicata nel 2021 sul General Hospital Psychiatry, il 25% dei pazienti ricoverati per COVID-19 durante l’apice della pandemia (aprile-giugno 2020) mostrava sintomi riconducibili al DPTS. Questo dato risulta particolarmente elevato, soprattutto se comparato con quello dei pazienti ricoverati nello stesso periodo per altre patologie dalla sintomatologia simile (es: polmonite), che mostravano segni di DPTS solo nel 7% dei casi.
Inoltre, i pazienti COVID-19 hanno registrato tassi più elevati di ansia e solitudine rispetto a quelli dimessi nello stesso periodo non a causa della COVID-19.
Un altro studio, pubblicato su JAMA Psychiatry, ha confermato questi dati, trovando livelli ancora più alti di prevalenza di DPTS (30,2%) dopo l’infezione acuta da COVID-19. In particolare, il disturbo è stato riscontrato con maggiore frequenza tra i pazienti di genere femminile, con una storia di disturbi psichiatrici e che avevano mostrato delirio o agitazione durante la fase acuta della malattia.
Questi dati, per quanto allarmanti, non devono stupire: circa un terzo delle persone che provano l’esperienza di non riuscire a respirare (come accade nei casi più gravi di COVID-19) sviluppano un Disturbo Post Traumatico da Stress in seguito a questa esperienza. Inoltre, gli studi dimostrano che l’ospedalizzazione stessa è un evento potenzialmente traumatico, a causa delle sensazioni di confusione, paura e isolamento.
Tuttavia, le ricerche evidenziano anche la presenza di fattori protettivi come, ad esempio, la presenza di una forte rete di supporto sociale, la messa in atto di solide strategie di coping adattivo, la capacità di resilienza e di ri-stabilire una sensazione di sicurezza.
L’impatto del Covid-19 sulle famiglie
Una ricerca pubblicata ad aprile 2022 su JAMA Internal Medicine ha indagato gli effetti che il COVID-19 e, in particolare, l’ospedalizzazione in terapia intensiva, ha avuto sui familiari dei pazienti in termini di stress e disagio psicologico.
Lo studio è stato condotto sottoponendo un questionario a un campione di 330 persone, prevalentemente figli o partner di pazienti ricoverati per COVID-19 nei reparti di terapia intensiva degli Stati Uniti.
Dalla ricerca è emerso che il 63.6% dei partecipanti ha riportato sintomi significativi di PTSD a 3 mesi dal ricovero, circa il doppio di quanto si fosse osservato tra i parenti dei ricoverati in terapia intensiva nel periodo pre-pandemico. Questi risultati suggeriscono che le restrizioni alle visite possono essere alla base di una crisi secondaria di salute pubblica, che può manifestarsi sotto forma di epidemia di disturbi legati allo stress tra i familiari dei pazienti in terapia intensiva.
Riferimenti bibliografici
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